lunedì 8 luglio 2013

Come realizzare i pannelli solari per la casa al mare

Se avete una casa al mare o in campagna che non ha bisogno di acqua calda tutto l’anno, una soluzione è la realizzazione dei pannelli solari scoperti, ovvero senza il vetro che solitamente viene posto per aumentare la temperatura dell’acqua con l’effetto serra (la soluzione proposta vi farà avere acqua calda solo dalla tarda primavera all’autunno).

Come prima cosa, dopo aver realizzato una cassa con un pannello di compensato fenolico 100cm x 100 cm x 5 mm con 15 cm di altezza, mettete della lana di vetro o un isolante termico sul fondo per evitare che l’acqua disperda la sua temperatura per riscaldare anche il compensato. Con degli angolari, a circa 2/3 dal fondo, applicate una lastra di lamiera. Con il piegatubi realizzate poi la serpentina cercando di rispettare il diametro del tubo e con una matita segnate il suo percorso sulla lamiera. Inoltre con il trapano fate i buchi alle estremità della serpentina: questi serviranno per l’acqua di entrata e di uscita. Con della pasta conduttiva messa sul segno della serpentina fissate la stessa utilizzando anche delle staffe applicate alla lamiera.

Dopo aver trovato il posto con maggiore irradiazione solare (curando l’inclinazione: l’ideale è che il pannello sia perpendicolare ai raggi del sole a mezzogiorno. Per il calcolo, utile è anche un misuratore laser con inclinometro), fissate il pannello in modo sicuro così che il vento o gli agenti atmosferici non possano strapparlo. Sistemato il serbatoio di accumulo (un serbatoio da 120 litri va bene per un pannello da 2 mq circa), collegate i tubi di entrata (acqua fredda) e di uscita (acqua calda) rispettivamente con quelli di uscita e di entrata dello scambiatore di calore del serbatoio.




Il liquido usato può essere semplice acqua di rubinetto con l’aggiunta di antigelo per l’inverno. L’ultimo passo è quello di collegare il serbatoio all’impianto idraulico della casa. Per avere acqua ancora più calda basterà mettere sopra la cassa una lastra di vetro facendo attenzione a sigillarla bene per ottenere l’effetto serra utile al riscaldamento dell’acqua.

lunedì 1 luglio 2013

Manutenzione degli arredi da giardino in legno

Il legno è sicuramente il materiale più bello alla vista e più gradevole nel contatto con la pelle (quante volte vi siete seduti con i pantaloni corti sulle sedie di plastica e siete rimasti ‘attaccati’ a causa del sudore!!). Negli arredi da giardino, però, il legno richiede una certa manutenzione per rimanere sempre al top anche dopo molti anni.

Una precauzione fondamentale è quella di coprire i mobili durante l’inverno con un telo di plastica o di polietilene impermeabile (se questi sono esposti agli agenti atmosferici) oppure di stoffa (come un vecchio lenzuolo): questa seconda opzione permette una migliore ventilazione che previene la formazione di muffe o nidi di insetti.



Prima di mettere i mobili a riposo, comunque, è necessario prima di tutto pulirli a fondo e rimuovere lo sporco che si è accumulato durante l’estate. Per questo è sufficiente un detergente neutro con il quale, con una spazzola, si potranno eleminare anche le piccole incrostazioni. Se i mobili dovessero essere molto sporchi si può agire con prodotti specifici oppure con una leggera passata con la levigatrice.

Dopo la pulizia i mobili vanno lasciati al sole per la completa asciugatura. Poi si può procedere alla stesura di un olio nutriente ma che sia anche di protezione. Usate un pennello così sarete sicuri di raggiungere tutti gli interstizi. L’asciugatura per questo secondo momento richiede un luogo asciutto, con una buona ventilazione ma lontano dal sole e dalla polvere.


Se i vostri mobili sono in teak e rimangono al lungo all’esterno, almeno una volta l’anno è consigliabile levigarlo con la carta abrasiva, fare poi una profonda pulizia e poi utilizzare l’olio specifico che ha come caratteristiche principali l’impregnazione profonda e la capacità di restituire al legno la sua brillantezza originale. Come per gli altri mobili in legno vale la precauzione di riporli per l’inverno in un luogo asciutto e lontano dalla pioggia coprendoli con dei vecchi lenzuoli o comunque materiale traspirante.

lunedì 24 giugno 2013

Cartongesso: come fare la stuccatura

Quando si costruisce una parete in cartongesso è necessaria poi la stuccatura dei giunti dei pannelli e dei dislivelli creati dalle viti e dagli angoli. La stuccatura, oltre a essere importante per l’estetica, aiuta la resistenza meccanica e l’isolamento dal rumore e dal fuoco.

Gli accessori indispensabili sono lo stucco (di solito viene usato quello a presa rapida ma per il tipo ideale di stucco chiedete al vostro ferramenta di fiducia), nastro di carta microforata o in rete autoadesiva, paraspigoli e parabordi in acciaio zincato e carta vetrata o la levigatrice (ci sono alcuni modelli anche con l’asta telescopica per raggiungere i luoghi più difficili!) per i lavori di rifinitura. Gli attrezzi sono le spatole e le cazzuole (a punta quadrata, tonda e ad angoli vivi), il miscelatore e il secchio per miscelare lo stucco.



Dopo aver pulito la superficie con un panno umido preparate lo stucco in polvere facendolo cadere a pioggia nell’acqua così da evitare i grumi (per i meno esperti c’è anche lo stucco pronto all’uso, anche se a volte la grana è un po’ troppo sottile). Applicate poi uno strato di stucco sulle teste delle viti e sui giunti con una spatola di acciaio larga per poi posizionare il nastro in carta microforata. Questo ha due funzioni: la rimozione dello stucco in eccesso e la penetrazione dello stesso nei giunti e tra le maglie del nastro. Una volta essiccato lo stucco mettete un’altra mano cercando di pareggiare la superficie allargando la mano di stucco per 40 o 50 centimetri oltre l’intervento.


I paraspigoli sono un elemento importante ma spesso hanno uno spessore significativo che richiede molto stucco per diventare complementare alla superficie. In alternativa, si possono usare dei nastri rinforzati con un’anima di metallo.

lunedì 17 giugno 2013

La potatura e i suoi attrezzi

Anche se quest’anno la primavera stenta ad arrivare, le piante del giardino hanno già incominciato la loro fase vegetativa. Per questo, è necessario fare alcuni lavori e tra questi la potatura è quello che richiede più attenzione sia nell’attività che nella scelta degli attrezzi giusti: una forbice non adatta può solo creare danni mentre una forbice troppo piccola può aggiungere al lavoro lentezza e fatica. Prima di cominciare, la ferramenta di fiducia può essere un punto di partenza di grande importanza.

Come prima cosa, bisogna intervenire sui rami di glicine che devono essere ridotti di un terzo della lunghezza. Per questo lavoro, indicate sono le forbici pensate in modo specifico per potatura: con la forbice in alluminio forgiato, ad esempio, grazie alla durezza del materiale si possono tagliare anche i rami più grossi (ci sono poi diversi modelli anche per la potatura a due mani oppure per mani piccole). Specie arbustive come il rododendro, l’oleandro e l’abelia, dal momento che questo è il loro periodo di fioritura, necessitano invece solo di una buona sfoltita: queste piante però possono avere rami molto resistenti e per questo è meglio usare delle forbici con lama teflonata e taglio a battente (e meglio se la controlama e il portalama sono bruniti così resistono meglio alla ruggine e alle corrosioni).




Un discorso a sé va fatto per le siepi che devono essere mantenute nella forma desiderata. Se le siepi sono piccole, si può optare per una forbice a lame lunghe: per la sua scelta badate che i manici abbiano la giusta dimensione e che la molla di ritenuta non sia troppo dura per la chiusura. Esistono inoltre anche i tagliasiepi con manico telescopico per raggiungere posti alti o scomodi. Se la siepe è grande, allora la scelta deve ricadere sulle cesoie, optando per le forbici troncarami dove i rami dovessero essere troppo grossi.

domenica 9 giugno 2013

Fare da soli la fostafatazione

La fosfatazione è un procedimento chimico che serve a rendere la superficie del metallo più resistente ai graffi e alla corrosione. Non a caso, molti elementi ed utensili delle migliori marche vengono trattati con questo metodo per offrire la massima performance di tenuta e durata nel tempo.

Per la fosfatazione serve un termometro, un contenitore di acciaio inox o di vetro resistente al fuoco, un fornello a gas e del filo di ferro per la sospensione dei pezzi nella soluzione. Gli ingredienti sono l’acido fosforico all’85%, il biossido di manganese o di zinco a seconda del colore che si vuole avere alla fine, una paglietta di acciaio o della limatura di acciaio (l’attivatore) e dell’acqua distillata.



Come prima cosa bisogna pulire bene i pezzi da lavorare. Per lo sgrassaggio, l’ideale è lasciarli per 24 ore in una bacinella con solvente, acetone, diluente nitro o trielina. Una volta puliti, i pezzi vanno grattati con una paglietta anche se l’ideale sarebbe la sabbiatura (una volta sgrassati, i pezzi vanno toccati solo con i guanti): utile è anche preparare prima del filo di ferro a cui appendere i pezzi per l’immersione.

Per la soluzione, aggiungete l’acido all’acqua (mai il contrario!) e portate il liquido ad una temperatura tra gli 82 e gli 87 gradi C. Poi aggiungete l’attivatore e il biossido per poi lasciarlo bollire per 10 minuti. La soluzione va poi raffreddata fino al raggiungimento della temperatura ambiente.


Quando vorrete procedere alla fosfatazione, fate riscaldare la soluzione fino a 80° C e immergete i vostri pezzi per almeno 10 minuti ma mai più di 20 minuti. Se la soluzione diminuisce come quantità potete aggiungere dell’acqua in quanto l’acido non è soggetto a evaporazione. Poi toglieteli e procedete con un risciacquo in acqua corrente. Agite bene per ottenere una buona asciugatura a cui farete seguire una passata di olio anti umidità. A seconda del tipo di biossido si possono ottenere colori diversi del metallo (zinco- grigio scuro, manganese – quasi nero).